La storia
L’Orto Botanico di Padova, fondato nel 1545, è il più antico Orto Botanico Universitario del mondo che abbia conservato l’ubicazione originaria e che abbia mantenuto, praticamente inalterata, la sua originaria struttura.
L’impianto architettonico testimonia la ricerca dell’equilibrio e la perfezione formale della cultura umanistica.
Realizzato su un terreno un tempo di proprietà dei monaci benedettini di Santa Giustina dove si coltivavano piante medicinali, fu istituito su delibera del Senato della Repubblica Veneta, accogliendo la proposta di Francesco Bonafede, lettore dei Semplici, che deliberò l’istituzione a Padova di un Horto Medicinale dove coltivare, osservare, studiare e sperimentare le piante medicinali che allora costituivano la grande maggioranza dei “semplici”, ovvero di quei medicamenti che provenivano direttamente dalla natura.
Per questa ragione i primi Orti Botanici si chiamarono Giardini dei Semplici (Hortus Simplicium).
L’esigenza di un’istituzione di questo tipo appare chiara se si considera che le piante medicinali rappresentavano a quel tempo la principale risorsa terapeutica e che il loro impiego, ai fini terapeutici, si basava quasi esclusivamente sui testi degli antichi medici greci, latini ed arabi.
L’interpretazione di questi testi, a causa anche delle varie trascrizioni, era alquanto controversa e frequenti erano gli errori di identificazione delle specie descritte. Ciò comportava spesso l’utilizzo in medicina di piante sbagliate, inefficaci e non di rado dannose.
La possibilità di poter disporre di un Horto dove gli studenti di Medicina potessero ricevere anche una preparazione pratica, oltre che teorica, e si impratichissero nel riconoscimento delle droghe vegetali, consentiva anche di individuare le frequenti sofisticazioni e frodi cui erano soggetti a quel tempo i semplici vegetali, da parte dei fornitori e degli speziali.
Il progetto
Il progetto dell’Orto viene attribuito al dotto patrizio veneziano Daniele Barbaro, divenuto poi Patriarca di Aquileia, e a Pietro da Noale, insigne professore di Medicina all’Università di Padova.
La realizzazione è opera invece del bergamasco Andrea Moroni, il cui nome è legato a numerose altre opere architettoniche padovane, tra cui il Palazzo del Bo’ (sede centrale dell’Università), la Basilica di Santa Giustina e il palazzo che attualmente è sede del Municipio (Palazzo Moroni).
Si narra che le piante, costituite da circa 1800 esemplari, che il primo “custode” dell’Orto, Luigi Squalermo detto Anguillara, fece piantare furono rubate dopo qualche giorno.
Per questa ragione nel 1552, pochi anni dopo la fondazione, fu costruito un alto muro circolare di recinzione per impedire i continui furti notturni e furono stabilite anche le pene (multe, carcere, esilio) che sarebbero state inflitte a tutti coloro che avessero osato rubare o danneggiare le piante dell’Orto.
L’Orto fu continuamente arricchito di piante provenienti da varie parti del mondo e specialmente dai paesi dove la Repubblica di Venezia aveva possedimenti o rapporti commerciali.
Per questo Padova ha avuto un posto preminente nell’introduzione e nello studio di molte piante esotiche.
Analogamente agli altri Orti Botanici italiani, anche l’Orto Botanico patavino, durante i suoi oltre quattro secoli di vita, ha contribuito all’introduzione e alla diffusione in Italia di numerose piante esotiche, alcune delle quali molto note, come il ginkgo biloba, la magnolia, la patata, il gelsomino, l’acacia e il girasole, il lillà, il rabarbaro, il ciclamino persiano, per un totale di circa 70 specie.
Una specifica raccolta, collocata di fronte alle serre, documenta queste introduzioni, che sono esposte in ordine cronologico.
L’architettura
La configurazione architettonica esterna è stata completata agli inizi del Settecento con la realizzazione dei quattro ingressi monumentali, delle cancellate in ferro battuto e della balaustra con colonnine in pietra d’Istria che sovrasta il muro circolare su cui furono collocati vasi e busti di importanti personaggi, rivolti verso il centro dell’Orto.
In tempi successivi, l’Orto si estese ad occupare anche l’area esterna al muro circolare, dove vennero realizzate altre fontane: la fontana detta di Teofrasto, perché vi fu collocata una statua del medico greco del III secolo a.C., considerato il padre della botanica (porta Sud) e quella detta delle Quattro Stagioni (porta Est) per la presenza, oltre a una statua di Salomone, dello scultore padovano Antonio Bonazza, dei busti marmorei settecenteschi raffiguranti le Quattro Stagioni.
Nella prima metà dell’Ottocento furono poi inserite tre meridiane, una cubica, una sferica e una cilindrica, e furono anche realizzate le serre in muratura, al posto delle “conserve”, i mobili utilizzati in precedenza.
Attualmente si contano 2 serre calde e 8 serre temperate di modeste dimensioni, di cui una conserva ancora la struttura originale interna, con eleganti colonnine e archi in ghisa. Per la limitata disponibilità di serre, le collezioni vive dell’Orto sono collocate prevalentemente all’aperto.
Sempre alla prima metà dell’800 risale la costruzione dell’aula ad emiciclo della capienza di cento studenti, detta “teatro botanico”, tuttora in uso per lezioni e riunioni.
Il grande edificio in prossimità dell’ingresso, che risale ai secoli XVII e XVIII, costituiva un tempo l’abitazione del direttore dell’Orto, tradizionalmente chiamato Prefetto.
Oggi la palazzina ospita al piano terra spazi destinati a esposizioni museali, al primo piano la Biblioteca storica, che conserva preziosi manoscritti botanici e libri illustrati, l’archivio dell’Orto botanico e l’Erbario, mentre al secondo piano si trovano la direzione dell’Orto e locali adibiti alla conservazione dei semi.
La struttura
L’Orto sorge su un’area di forma trapezoidale di circa due ettari ed è delimitato su due lati dal canale Alicorno dal quale, fino a pochi decenni fa, veniva prelevata l’acqua per l’irrigazione.
La parte più antica è quella racchiusa entro il muro circolare, iscritta in un quadrato e suddivisa a sua volta in quattro quadrati minori, detti “quarti” o anche “spalti” separati da due viali perpendicolari orientati secondo i punti cardinali che rappresentano i quattro elementi: acqua, terra, aria, fuoco.
La forma circolare e la caratteristica ripartizione geometrica che suddivide l’area in 16 settori, è ricca di riferimenti e di simbologie cosmologiche, proprie del periodo rinascimentale.
La circonferenza è il simbolo della perfezione dell’Universo. Cerchio e quadrato rappresentano infatti, nei principi filosofici del tempo, l’universo e la terra. Attualmente ogni quarto, provvisto di fontana centrale, è diviso a sua volta in 250 aiuole, chiamate areole, disposte secondo differenti ed eleganti geometrie.
Le piante
Nell’Orto sono attualmente coltivate circa 6000 piante di tutti i tipi, di tutti i climi e continenti, contrassegnate da apposite etichette che riportano oltre al nome scientifico della specie, l’iniziale o la sigla dell’autore che l’ha per primo validamente denominata e descritta, la famiglia di appartenenza ed il luogo di origine e, in questo caso, anche l’anno di introduzione oppure di impianto in Orto.
Nel primo settore di sinistra, a nord-ovest, un maestoso esemplare di Ginko Biloba, alto ben diciotto metri e piantato nel 1750.
Nel settore a destra, a sud-est, la famosa Palma di San Pietro (Camaerops humilis arborescens), meglio conosciuta come Palma di Goethe perché ispirò al poeta naturalista tedesco in visita a Padova nel settembre del 1786, una teoria sulla metamorfosi delle piante.
La Palma di San Pietro, piantata nel 1585, è considerata la più vecchia dell’Orto, ma a contendere tale primato di anzianità, fuori dal recinto c’è un Agnocasto (Vitex Agnus Cactus) non molto vitale, ma piantato nel 1550.
Sempre in questo settore troviamo anche una bella Magnolia Grandiflora, probabilmente piantata nel 1786 e ritenuta la più antica d’Europa.
Nelle due grandi vasche, in prossimità della porta nord, con acqua mantenuta a temperatura costante (circa 25°) da un pozzo artesiano, profondo 270 metri e lievemente termale, vengono coltivate curiose e pittoresche piante acquatiche.
Tra le specie presenti figurano sia esempi di piante ancorate al terreno (papiro, fior di loto, ninfea, ecc.) che di piante galleggianti (giacinto d’acqua, pistia, lente d’acqua, ecc.). Da alcuni anni viene coltivata all’aperto, con ottimi risultati, anche la gigante e rinomata ninfeacea dell’America tropicale: Victoria cruziana.
Le serre e l’arboreto
Usciti dal muro di cinta della circonferenza più antica e procedendo verso destra troviamo entro serre piante tropicali, le orchidee, le piante grasse e le piante carnivore.
L’Orto ospita una ricca collezione di piante medicinali suddivisa in due settori, di cui uno riservato alle piante di impiego attuale, mentre nel secondo trovano posto i “Semplici” che hanno avuto un certo interesse applicativo nel passato e che ora rivestono solamente un valore storico.
Ciascuna pianta è contrassegnata da un cartellino che riporta il nome scientifico e le principali proprietà terapeutiche.
Nell’Arboreto, che fu realizzato dalla seconda metà del Settecento all’esterno del muro circolare, si trovano un gigantesco platano orientale (Platanus orientalis) del 1680 con la sua caratteristica cavità creatasi nel tronco forse a causa di un fulmine, e un cedro dell’Himalaya, che pur se non ancora albero storico, è importante in quanto rappresenta il primo esemplare di questa specie introdotto in Italia (1828).
Nell’Arboreto si trova anche esposto, adagiato al suolo, un frammento di fusto subfossile di una grossa quercia e precisamente una farnia (Quercus robur), rinvenuta nel corso di scavi presso Padova e fatta risalire al 700 a.C., a testimonianza delle foreste che ricoprivano un tempo tutta la Pianura padana, prima della distruzione dei boschi ad opera dell’uomo.
Il giardino della biodiversità
Nelle serre del giardino della biodiversità ci sono circa 1.300 specie vegetali che rappresentano le piante del nostro Pianeta, da quelle che vivono nelle condizioni più favorevoli a quelle che vivono nelle condizioni più estreme.
Le serre simulano le condizioni climatiche dei vari sistemi ambientali: dalle aree tropicali alle zone subumide, dalle zone temperate a quelle aride.
Per approfondimenti
Il ruolo dell’Orto Botanico
L’Orto di Padova ha esercitato, fin dal Cinquecento, una profonda influenza nell’ambiente scientifico, sia nazionale che europeo.
In quanto importante centro di studio e di ricerca, all’avanguardia nella coltivazione e acclimatazione di piante esotiche, fu frequentato da studenti stranieri e studiosi in viaggio in Italia per i quali rappresentò un modello cui ispirarsi per l’istituzione di strutture analoghe nella loro patria.
L’Orto di Padova, definito per questa ragione “la madre” di tutti gli Orti botanici del mondo, non ha solo rappresentato la cultura della scienza botanica, ma ha anche svolto un ruolo di grande rilievo per lo sviluppo di numerose altre discipline scientifiche, come la medicina, la chimica, l’ecologia e la farmacologia.
Molti dei botanici che si succedettero nella carica di prefetto dell’Orto furono persone di grande spicco e godettero di stima ed ammirazione per la loro erudizione, tanto che ad essi furono dedicate numerose specie di piante e anche interi generi.
L’Orto si interessa alla conservazione di specie rare e minacciate, svolge un’intensa attività di ricerca, sperimentazione e raccolta ad altissimo livello scientifico e fa parte della celebre Università di Padova, fondata nel 1222.
Nel 1997 l’Orto Botanico di Padova è stato inserito, come bene culturale, nella lista del Patrimonio mondiale dell’Unesco.
Presso il Centro visitatori sono spesso anche allestite mostre. Sono possibili visite guidate e itinerari per non vedenti.